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Giustizia e Diritti umani. Chiesa e Agenda 2030
Da Goretti Margarita Flores Martin
Per Adista News
Alla zia che gli chiede della giornata a scuola, Ale risponde: «Oggi abbiamo fatto religione e abbiamo parlato dell’inquinamento dei parchi giochi». La zia si stupisce: «Alla lezione di religione? Ma, che c’entra?». E ripete la domanda: «A religione?». «Sì zia!», insiste assertivo il bambino. Sentendoli, intervengo spiegando alla zia: «Ma sì, perché è un dovere dei figli di Dio custodire il creato!». La zia commenta: «Ah, meno male che oggi si coniugano le due cose!».
Infatti, possiamo dire, era ora! Perché anche se questo connubio tra cura del creato e religione ha le sue origini fondanti nella Sacra Scrittura, e non di meno nella tradizione italiana con san Francesco d’Assisi, è stato papa Francesco che, a due anni della sua elezione, a maggio del 2015, ha scritto l’enciclica Laudato si’ (LS), un intero documento pastorale tutto rivolto alla cura integrale del creato.
Nello stesso anno, a settembre 2015, 193 Paesi delle Nazioni Unite hanno sottoscritto l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano d’azione globale per migliorare il presente, il futuro e la prosperità delle persone e del pianeta, basato su cinque concetti chiavi, le cinque “P” (persone, prosperità, pace, partnership, pianeta), organizzato in 17 obiettivi e 169 sotto-obiettivi.
Ambedue i documenti, di portata universale e con comuni preoccupazioni, sono sentiti da alcuni come un grande respiro; da altri come tardivi, specialmente tra i movimenti ecologisti e tra gli scienziati; altri li considerano interventi di moda e perciò opzionali; e ancora altri, avendo nel cuore tante delusioni, sentono che si tratta solo di belle parole che, come i bei vestiti, sono da indossare a seconda dell’interlocutore da trattare o, come si dice nel mio Paese (Messico, ndr), si balla con la musica che c’è.
A ogni modo, quel “migliorare il presente e il futuro del pianeta e delle persone che lo abitano” non sembra essere oggi l’affermazione più fortunata davanti a calamità sociali ed ecologiche in atto, o davanti alla «terza guerra mondiale a pezzi» come papa Bergoglio sin dal 18 agosto 2014 ha definito la situazione globale.
Laudato si’ ha suscitato stupore e scalpore, ha ricevuto lode e biasimo ma, a otto anni da quell’intervento, viste le gravi circostanze che stiamo vivendo, papa Francesco ha ribadito e riconfermato la sua posizione con l’Esortazione Apostolica Laudate Deum (LD), uscita il 4 ottobre 2023, dove ribadisce il suo appello a prendere consapevolezza della gravissima crisi climatica e ad agire per fermare le conseguenze drammatiche che sfavoriscono l’intero creato.
Il santo padre ha giustificato così il suo intervento: «Ma, con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza» (LD 2). «Si tratta di un problema sociale globale che è intimamente legato alla dignità della vita umana» (LD 3). Verso la conclusione, dice ancora: «Invito ciascuno ad accompagnare questo percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita e a impreziosirlo» (LD 69).
La sua esortazione di calibro apostolico ha espressioni pungenti, che puntano sulla grave responsabilità, in capo ai vertici delle nazioni, di prendere adeguate decisioni politiche che producano soluzioni efficaci (LD 69), integrando però le azioni collettive già in atto, che uniscono tante volontà individuali, azioni avviate da cittadini e movimenti dal basso che collaborano a un cambio culturale che fa nascere una trasformazione duratura (LD 71).
I documenti pontifici sono un contributo intellettuale fondamentale giacché si tratta di insegnamenti da parte del più alto vertice della Chiesa cattolica, il Pontifex Maximus che in Ecclesia gaudet ordinaria et universali potestate; perciò possiamo dire che la decisione di affrontare suddette urgenti questioni, in modo acuto, complesso e integrale è già un modo responsabile di affrontare la trasformazione culturale che pressa da tempo.
Sia LS che LD stabiliscono direttrici e criteri per orientare l’immane struttura ecclesiale; sollecitano a riesaminare gli ambiti dottrinali, pastorali, prattici (educativi, sociali, ecc.), indirizzano verso modi concreti e positivi di rapportarsi con il mondo e con tutte le creature, proponendo di camminare e lavorare in comunione e corresponsabilità verso nuovi paradigmi di vita che favoriscano il miglioramento globale (LD 71).
Le incessanti comunicazioni del papa al riguardo, in questo primo quarto di secolo, irrompono nella sordità culturale che il paradigma tecnocratico ha prodotto affogando le coscienze e producendo quel che viene chiamato peccato strutturale (LD 3), con strutture solide che generano scontento, malessere, ingiustizia, degrado, disintegrazione, indegnità ecc. Già nel 1864, George Perkins Marsh, nella sua opera Man and Nature, ha lanciato l’allarme sugli squilibri frutto dell’uomo tecnologico, ma purtroppo sin dal secolo XIX tanti e vari richiami sono stati volutamente ignorati.
Il discorso di papa Bergoglio «al fine di evitare l’aumento di un decimo di grado della temperatura globale» (LD 70), anche se trasmesso con un certo respiro affannoso, come quello dall’udienza di mercoledì 29 novembre 2023 nell’aula Paolo VI, ha generato una vertiginosa marea di letteratura e ha unito voci e operatori, credenti e non credenti, stimolando a lavorare all’unisono per produrre nuovi paradigmi di azioni che ricostituiscano il tessuto universale.
Con il suo magistero, invita a passare dal paradigma tecnocratico (LD II; LS 101) al paradigma dell’accoglienza (Fratelli Tutti 48), della luce (Lumen Fidei 33), del migrante e del pellegrino in terra (Christus Vivit 91), dell’azione missionaria (Evangelii Gaudium 15) e soprattutto a guardare l’esempio paradigmatico di Gesù di Nazaret (Amoris Laetitia 64).
Questi e altri vari interventi, sebbene motivo di sollievo per la presa di responsabilità, a volte sono anche motivo di confusione, perché riguardo a certi argomenti non rispecchiano nitidamente la coerenza del discorso, cioè ci sono parole, azioni, e omissioni, che permettono di intravedere dolorose contradizioni anche all’interno delle strutture ecclesiastiche, e piuttosto ci fanno cantare, diffidenti, insieme alla grande Mina “parole, parole, parole!”.
Ad ogni modo, giacché la potestà papale oltre che magisteriale è anche legislativa (c. 135 del Codice di Diritto Canonico), il suo intervento sta cercando di entrare nel merito della revisione e la correzione proprio del Diritto Canonico, che non affronta certe azioni illecite e criminose, sostenute da paradigmi religiosi che favoriscono il silenzio e la divinizzazione dell’istituzione e la gerarchia e che purtroppo fanno dilagare ingiustizie e violentare i diritti umani e i diritti dei fedeli anche in base a una lodata e sovrastimata “prudentissima prudenza” che purtroppo ancora oggi fa scuotere le teste!
Ma oltre agli interventi magisteriali e legislativi indirizzati alla collettività cristiana, il papa gesuita esercita una variopinta e continua azione diplomatica che va oltre la struttura ecclesiastica. Si batte per un impegno politico in favore della pace tra nazioni (ad esempio attraverso gli interventi sugli attuali conflitti bellici) come per favorire fratellanza e comunione attraverso incontri ecumenici e interreligiosi (Abu Dhabi, Iraq alla Piana di Ur, Assisi tra altri).
Ad ogni modo, la nuova era, non quella corrente di pensiero degli anni Sessanta, ma quella nostra che ci incalza verso un nuovo paradigma, non sempre è inaugurata dall’alto, ma viene eseguita dal basso o meglio spinge dall’interno della società come in un parto, grazie agli interventi generatori di vita, pace, speranza, diritto e giustizia etc. di tanti che lavorano incessantemente, a volte gratuitamente, a volte in modo profetico e anche scomodo, per far cambiare rotta al Titanic prima dell’impatto con l’iceberg.
Così, ad esempio, nella frontiera tra il Messico e il Guatemala, nella regione del Chiapas, dove i cartelli della droga si disputano il territorio, laici e sacerdoti operatori di bene sono impegnati, anche rischiando la vita, nelle case per migranti di passaggio per offrire loro servizi di base, sfamarli e ospitarli, donando loro sostegno e un soggiorno dignitoso, sottraendoli al rischio della tratta.
A Betlemme gruppi di laici accolgono bambini (anche musulmani) poverissimi o disabili, abbandonati o orfani, che se non fosse per loro e per le case di accoglienza rimarrebbero senza educazione e senza cura.
Alcune Chiese particolari, specialmente nel mondo anglosassone, garantiscono parità di genere. Per esempio sono stata convocata da una parrocchia degli Stati Uniti, per guidare la pastorale giovanile e sono stata pure pagata per il lavoro e il tempo dedicato, a differenza di altre strutture ecclesiastiche, pienamente dentro il paradigma patriarcale, dove la donna credente non può ricevere paga per il servizio prestato, perché il suo servizio è a Dio e sarà retribuito dopo la morte! Come se Gesù non avesse ben chiaramente detto a chi non voleva pagare le tasse «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare» (Mt 22,21).
Finalmente posso dire che i temi posti dagli obiettivi dell’agenda 2030, così come gli interventi magisteriali e l’azione istituzionale, stano provando a creare una nuova cultura di benessere integrale. Ma la domanda fondamentale continua a essere urgente: in che modo, dal basso o dall’alto, possiamo fare di questa consapevolezza collettiva ricerca, iniziativa, azione congiunta, sperando Foto di Casa Rosada, tratta da Wikimedia Commos che sia “la Volta Buona!”.
Margarita Goretti Flores, dal 1985 impegnata nelle missioni per la nuova evangelizzazione in Colombia, USA, Messico, Israele, Italia, dove ha lavorato con bambini, giovani e famiglie. Laureata in Scienze bibliche e in Diritto canonico alla Pontificia Università Antonianum (PUA), nelle sedi di Gerusalemme e di Roma. Socia ordinaria del Coordinamento Teologhe Italiane.